Emozioni e Sport

“Il cuore batte a mille, le mani formicolano, le gambe sono di marmo e lo stomaco in subbuglio. Un rivolo di sudore scende lungo la schiena. Ho i brividi. Ci siamo, si comincia. “
“Era il tiro decisivo e io l’ho sbagliato. Sento le unghie conficcarsi nei palmi, la mascella è talmente serrata che mi fanno male i denti. Ho il fuoco dentro. “
“Sono da solo, davanti al traguardo. Ce l’ho fatta! Le braccia alzate al cielo, le farfalle nella pancia, la fatica è un ricordo lontano, mi sembra di camminare un palmo da terra.”
Sport ed emozioni, connubio indissolubile, binomio insostituibile. Senza le emozioni qualsiasi tipo di sport diventerebbe meccanico, privo della componente umana, un semplice atto fisico.
Questa coppia di ferro, apparentemente appagata e completa nella propria essenza, contiene però al proprio interno una variabile, qualcuno che fa da tramite tra prestazione ed emozioni, e che attraverso le sue caratteristiche specifiche riesce a tenere le redini e sfruttare a pieno la forza della coppia oppure le subisce a discapito del risultato stesso della prestazione: l’atleta.
Da una parte un tiro sbagliato, un colpo portato a segno, una tecnica fallita; dall’altra loro, le emozioni. Paura, ansia, gioia, agitazione, felicità, soddisfazione, rabbia, dolore, stati di attivazione che arricchiscono il mero gesto tecnico, che ti fanno sentire vivo, presente, partecipe a qualcosa che, ogni volta, ha dell’irripetibile.
Fra le mille sfaccettature della motivazione individuale una fetta importante è sicuramente riservata al piano emotivo. Ogni atleta, in cuor suo, conserva la traccia indelebile degli eventi salienti che hanno segnato la sua carriera: la gioia legata al raggiungimento del traguardo più importante, la paura di non riuscire a rialzarsi, la rabbia di aver subito un’ingiustizia o di non essere stato all’altezza delle proprie aspettative, le lacrime dopo un insuccesso.
Molto spesso, infatti, gli stimoli emozionali non solo accompagnano, ma influenzano in modo decisivo il risultato della prestazione: vivere determinate emozioni, infatti, può ostacolare l’atleta e far sì che non possa sfruttare appieno il proprio potenziale, mentre, altre volte, può avere un influsso positivo che aiuta ad accedere alle risorse più nascoste e inconsapevoli da sfruttare nel momento decisivo della gara o partita.
Qualsiasi atleta, inoltre, percepisce la componente fisica dell’emozione, ognuno con intensità diversa: la frequenza cardiaca, il respiro corto, i livelli di sudorazione, il famoso “mal di pancia”.
Nel percorso di preparazione mentale l’obiettivo principale è appunto quello di aiutare l’atleta a conoscere e riconoscere le proprie emozioni, al fine di raggiungere una maggiore consapevolezza; partendo dalla percezione sintomatica sperimentata sul corpo, risulta utile saper individuare da quale emozione sia generato lo stimolo fisico e anticipare le possibili conseguenze sulla prestazione. In questo contesto, infatti, risulta utile comprendere in modo chiaro con quale intensità si presenti l’emozione e discriminare se essa possa essere funzionale o disfunzionale. Una volta che le emozioni diventano cosa nota allora si potrà pensare a come gestirle e orientarle affinché facilitino l’atleta e non lo ostacolino.
Il percorso di gestione del connubio emozione e sport è sicuramente lungo e tortuoso, ma allenare costantemente questi aspetti della preparazione può fare la differenza nel momento decisivo della carriera di ogni atleta, dall’amatore al professionista.
Se è vero che lo sport senza emozioni perderebbe di significato è importante ricordare che avere le redini nel proprio vissuto emotivo può essere sicuramente una marcia in più che contraddistingue il “Mental player” dall’atleta comune.